Di questi tempi è sufficiente
navigare distrattamente in internet per capire che proprio loro, questi piccoli
felini, ne sono diventati dei protagonisti. Gattini impazzano in ogni dove e
spesso vengono utilizzati in modo più o meno ironico per trasmettere sensazioni
positive come dolcezza e tenerezza.
Questa rappresentazione, però, non
corrisponde del tutto all’idea del gatto nell’immaginario comune, soprattutto
se considerato come animale domestico e soprattutto se paragonato all’altro
animale domestico per eccellenza, il cane.
Del cane, infatti, sono più note e molto più riconosciute le
caratteristiche, mentre il gatto è ancora percepito come in un certo senso
distante dall’uomo. I padroni dei cani ne decantano la fedeltà, l'obbedienza
(più o meno), l’attaccamento incondizionato e l’empatia verso le proprie
emozioni senza contare, ovviamente, quello sguardo che nessun altro animale (e
probabilmente nemmeno nessun umano) ti rivolgerà mai. In più, al di là della
sfera più affettiva, è innegabile anche l’utilità del cane per l’uomo, basti
pensare all’aiuto che offrono nelle attività sociali nel caso, per esempio, del
supporto alle persone con disabilità e nelle situazioni critiche, come la
ricerca di sopravvissuti nei disastri naturali.
E i gatti invece? Quale padrone di
gatto non si è mai trovato a doverlo difendere in questa battaglia, cercando
argomentazioni ugualmente valide ma trovandosi presto un po' nel panico perché
quelle che vengono in mente riguardo all’utilità, per non parlare riguardo alle
dimostrazioni di affetto, sono ben poco convincenti. Quindi, nonostante il loro
aspetto pacioso e batuffoloso sia comunque disarmante per i più, tende a
prevalere la diffidenza verso la loro essenza più selvatica ed indomabile. I
gatti passano per dei ruffiani che, se va bene, “si affezionano alla casa” o al
cibo facile; sono quelli che invece di correre via con la coda fra le zampe ti
guardano con sufficienza quando li sgridi per qualche disastro che hanno
combinato e quelli che non ti darebbero la zampa a comando nemmeno in cambio
del più prelibato boccone.
La realtà è
che, al di là delle specifiche caratteristiche etologiche dei gatti che
possiamo considerare più o meno affini al nostro modo d’essere, il rapporto tra
gatto e umano si basa sul tempo. Ciò sembra essere comprovato da un recente
studio condotto presso la Oakland University in Michigan, secondo cui i gatti
sono in grado di interpretare le emozioni dei propri padroni e, soprattutto, lo
imparano progressivamente. Lo studio, il primo di questo genere che ha portato
a prove convincenti, consisteva nell’osservazione del comportamento di 12 gatti
con i rispettivi padroni prima e con degli estranei poi. In entrambi i casi le
persone dovevano mostrare segni di contentezza e di irritazione, in particolare
attraverso delle espressioni del volto come il sorriso o la fronte corrucciata.
Con i padroni sorridenti, i gatti tendevano ad assumere comportamenti positivi
(facendo fusa, strofinandosi o accoccolandosi in braccio) e a passare più tempo
in loro compagnia rispetto a quando si trovavano di fronte ad un padrone di
cattivo umore. Con gli estranei, invece, i gatti tendevano ad assumere
comportamenti positivi nella stessa misura, sia che la persona sorridesse sia
che fosse irritata. Quello che lo studio suggerisce, quindi, è che i gatti
siano più in sintonia con le emozioni umane di quanto si pensi; insomma, sanno
comprendere quando siamo felici e quando no. Non c’è da illudersi, ciò non
significa che provino empatia. Tuttavia, dimostra che non sono indifferenti ai nostri
stati d’animo e, oltretutto, li sanno distinguere e capire attraverso i nostri
gesti, solo che tutto ciò lo imparano man mano che il rapporto con l’umano si
approfondisce. Il tempo (e la nostra pazienza), infatti, premia e il fatto che
il loro affetto per noi non sia immediato non significa che sia meno solido,
tutt'altro.
Tutto sommato, quindi, lo studio
sembra offrire una speranza ai padroni di questi schizzinosi, incuranti e
indomabili mini-felini: sotto sotto anche loro si interessano a noi.
Il tempo, inoltre, gioca quindi un
altro ruolo importante, soprattutto nella comparazione cane-gatto. Se le
conclusioni raggiunte in questo studio, infatti, sono innovative per quando
riguarda i gatti, per i cani invece quelle caratteristiche sono scontate già da
un pezzo e sono, infatti, il cavallo di battaglia dei loro padroni. Il fatto è
che i cani sono stati addomesticati molto prima dei gatti. Secondo studi
genetici, il processo di addomesticamento dei cani è cominciato circa 30 mila
anni fa mentre quello dei gatti circa 10 mila anni fa. Questo significa che
l’apparente minor distanza nel rapporto fra cane e uomo rispetto a quello fra
gatto e uomo potrebbe essere spiegato con il fatto che il cane ha avuto più
tempo per adattarsi a noi umani e al nostro modo di vivere.
Magari, tra qualche migliaio di
anni, anche i gatti diventeranno matti quando ci vedranno arrivare, ci
guarderanno con dolcezza disinteressata e ci seguiranno appena ci allontaniamo
di un passo. Solo che per ora, ancora, non ne hanno voglia.
F.R. - Volontaria Enpa Brescia